Il 23 aprile, qualche giorno fa, è stata la giornata mondiale del libro e del diritto d’autore. Difficile accorgersene in Italia, dove su TV e media viene dato spazio ad altre cose (sulle quali non mi pronuncio, ho fatto uno spuntino poco fa e non vorrei vomitare sul monitor).
Mentre scrivo ho la TV sintonizzata su Focus. C’è un bizzarro documentario che mischia nazismo, alieni, bomba atomica, Sodoma e Gomorra e i sumeri… sembra una puntata di Mistero o Kazzenger, una di quelle in cui il narratore pone spesso domande idiote a cui non dà risposta (È possibile che Hitler avesse incontrato gli alieni e disponesse di una segreta bomba venusiana? Gli antichi egiziani provenivano da Marte?). Divertente. Ho scoperto dall’inesauribile Paolo Attivissimo che c’è anche un sito per la generazione casuale di teorie complottiste. Spassoso. I risultati sono più o meno uguali a quelli della trasmissione.
Focus, Focus… me stai a fini’ come Giacobbo.
Vabbè ma torniamo alla giornata mondiale del libro e parliamo un po’ dei diritti d’autore sul digitale. Pare infatti che bisogna fare molta attenzione ai contratti che si sottoscrivono con gli editori. Non è il mio caso, dato che ho scelto di seguire una mia strada (dove mi porterà ancora non lo so, forse da nessuna parte). Chissà però che in futuro non mi capiti sotto gli occhi un accordo di pubblicazione. Ecco io col burocratese proprio ce l’ho a morte.
Ricordo un aneddoto di Steve Jobs che rifiutò un contratto (mi pare della Sony, non ho tempo di verificare) perché era troppo lungo, complicato, pieno di cavilli. Lo rimandò al mittente chiedendo che ne facessero uno non più lungo di cinque pagine. Lui era lui, e lo accontentarono, noi purtroppo non abbiamo questo potere.
Il problema dei contratti è che esistono, in una dimensione ultraterrena inaccessibile a noi umani, menti diaboliche che studiano apposta il modo di non farti capire nulla. E poi tu alla fine, stremato dalla scrittura minuscola, le clausole, e il linguaggio incomprensibile, firmi e basta.
A questo proposito è interessante questo articolo di Pennyebook. Riassumendo il discorso, i diritti digitali di pubblicazione possono essere separati dagli altri, anzi è giusto che lo siano. Quindi se dovesse capitare meglio metterlo in chiaro con l’editore. Altrimenti, rischiate che l’editore si ritrovi “automagicamente” proprietario anche della versione elettronica delle vostre opere, senza che vi debba chiedere nulla.
Ho letto qua e là in questi giorni anche altre notizie relative all’editoria. Per esempio il fatto che per certi editori, dato che l’ebook costa poco, il lettore non ha diritto di lamentarsi se è pieno di refusi ed errori. Insomma te lo vendo a poco, non pretendere che sia anche un prodotto di qualità. Assurdo vero? Eppure è successo. Complimenti per l’attenzione al cliente e soprattutto per la professionalità.
Ho trovato anche un articolo molto esplicativo sulle differenze tra autopubblicazione ed editoria a pagamento. Da leggere.
Che vi piaccia o no le librerie online stanno acquisendo sempre maggiore importanza. E le tradizionali, che già cominciano ad accusare il colpo, che fine faranno? Se lo stanno chiedendo anche in Francia, e per qualche miope esponente del governo d’oltralpe la soluzione starebbe nello stanziare subito 9 milioni di euro per i librai indipendenti, creare un fondo di sostegno e limitare le azioni di colossi digitali come Amazon. Questo mi suscita due riflessioni:
A) Beati loro che hanno 9 milioni di euro da destinare a iniziative culturali. In Italia al massimo li stanziano per farti comprare il decoder a prezzo agevolato, di modo che puoi rincoglionirti con 1000 canali digitali di cui 995 trasmettono merda. Ma intanto negli ospedali mancano lettini e ambulanze, e girano i topi.
B) Non sono per niente d’accordo con questa soluzione. Sono le librerie stesse che dovranno cambiare, se vorranno sopravvivere; la tecnologia e il mondo cambiano. Fare un provvedimento di Stato per farle sopravvivere è stupido, oltre che costoso. È come se, quando sono apparsi i DVD, il governo avesse deciso di stanziare fondi per aiutare i negozi di videocassette. È una stronzata.
L’editoria cambia e chissà cosa ci riserverà il futuro. Forse anche la compravendita di ebook usati!
Passiamo ad altro, consideriamo le cose da un altro punto di vista. Sì perché parlo, chiacchiero, discuto, pondero (con me stesso)… ma poi in rete trovi certi link che ti fanno mettere le cose nella giusta prospettiva.
Osservate questa immagine:
Credits: Fragile Oasis |
Ora ditemi: Quanto vi sentite piccoli? Come? Credete ancora di essere al centro del mondo? Ok allora andate su questo sito, giocate con la scala dell’Universo e levatevi ogni dubbio… non contate nulla! (Nemmeno io, eh…)
Insomma alla fine il concetto qual è? Che tutto è relativo. Partendo da un programma TV imbecille siamo arrivati alla scienza vera, alla Relatività, ad Einstein. E di conseguenza anche a una sua frase che ho scelto come motto, che campeggia su questo sito: L’immaginazione è più importante della conoscenza.
Buona domenica.
Nessun commento:
Posta un commento