Questo post avrebbe dovuto riguardare il racconto che sto scrivendo, anzi che stavo scrivendo, prima che arrivasse il coronavirus a stravolgere tutto. Adesso altro che scrivere, ho a malapena il tempo per pisciare. Non a caso sto scrivendo queste righe di notte, l'ennesima notte insonne.
Insonne non a causa del coronavirus, o meglio non solo. Chi non è in ansia per quello? Chi non ne ha paura o è stupido o non ha capito bene la gravità di quel che succede. Ma dicevo che le mie notti insonni non sono dovute solo a quello. Ho due figli, di sei anni e di un anno e mezzo. In questi giorni io e mia moglie lavoriamo da casa grazie all'ormai famoso smart working, le nostre giornate passano senza respiro tra lavoro, faccende di casa, cucinare, stare appresso ai bambini, ai compiti, alla spesa. In più il piccolo non dorme bene la notte, quasi nessuna notte. Disturbi del sonno, adenoidi, vattelappesca, è un anno e mezzo che stiamo così e ancora non si è capito.
Noi eravamo già esauriti prima del coronavirus, e poi è arrivato questo pandemonio (pandemia, pandemonio, stessa radice, curioso no?).
Ma questo non vuole essere uno sfogo (o forse inconsciamente sì, chissà), questo articolo nasce da due necessità. La prima è proprio di ritrovare un piccolo spazio personale, un qualcosa di mio, scrivere qualcosa, qualunque cosa cazzo, visto che ai racconti non mi posso dedicare più fino a nuovo ordine.
La seconda è il bisogno di trovare qualcosa in questo momento che mi dia la forza di andare avanti, la fiducia, l'ottimismo ma più che altro proprio la forza, qualcosa a cui aggrapparti e a cui pensare quando proprio pensi di non farcela più.
Ecco io ci riflettevo stanotte, durante le indesiderate ore di veglia, passate tra cazzate su facebook, articoli su quotidiani online e amenità varie. Sì perché poi se la testa è costretta durante il giorno a pensare solo a lavoro, incombenze, rogne varie eccetera come dicevo sopra, allora non c'è valvola di sfogo. Penso che l'insonnia (almeno la mia) sia dovuta a questo. Alla mente rimane solo la notte per svagarsi, sì proprio svagarsi; niente pensieri profondi o grandi opere, proprio il bisogno di giocare e cazzeggiare, perché non hai energia e voglia di fare qualcosa di più impegnativo e costruttivo. E cominci a scorrere quel cazzo di dito su facebook e rischi di non fermarti più per ore, cavolo è pericoloso, alienante!
Basta. Cerca di fare altro se proprio non puoi dormire, mi sono detto. Me lo sono detto più volte ma poi il dito continuava a scorrere, scorrere...
E mi rendevo conto che non ero sereno, che avrei dovuto dormire ma non ci riuscivo. La realtà è che stavo cercando qualcosa a cui aggrapparmi, qualcosa che mi ridesse forza e slancio per affrontare tutto questo e tutto ciò che ancora ci aspetta, di andare avanti giorno per giorno aspettando che le cose migliorino.
Poi l'ho trovato in una immagine. No, non un'immagine su facebook, ma una che mi è venuta in mente. L'immagine di mio figlio piccolo che, ogni volta che siamo in videolezione con le maestre o collegati con gli amici, si avvicina sgambettando per vedere e, rivolto allo schermo, dice "tao" agitando la manina.
Quello schermo non è più il monitor di un computer, è una finestra sugli altri, sul bisogno di compagnia e di socialità che hanno gli esseri umani, i bambini prima di tutti.
Quella manina e quel semplice "tao" mi hanno ridato la forza stanotte, mentre pensavo a quanto tutto è difficile; ero da solo, al buio, e ricordare quel gesto di mio figlio mi ha disegnato un sorriso sulla faccia.
Quell'immagine mi ha dato qualcosa per cui lottare. O meglio, me lo ha ricordato. Nei momenti difficili, c'è bisogno di qualcosa che ti ricordi le cose belle che hai intorno e magari non vedi, preso dal problema del momento.
Un'immagine, un gesto, una parola che ti faccia tornare il sorriso nei momenti più bui.
Tao.
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