Già, ma perché “teoricamente”? Perché a volte quel che manca nella vita non è il lavoro, l’amore, o un buon telefonino. A volte manca il senso. Manca la libertà di fare quello che si sente. Di impiegare il nostro tempo nel modo che vorremmo noi. Ho compiuto 49 anni e quando mi guardo allo specchio la mattina mi chiedo “ti piace la vita che fai”? No, mi dispiace, non del tutto. Fermo restando le cose positive di cui sopra, non mi piace che non abbia maggior tempo disponibile per scrivere, leggere, passeggiare nei boschi, fare un viaggio in mare, visitare un sito archeologico, vedere un film che mi emozioni e mi colpisca e mi rimanga impresso. Ho bisogno di vivere una vita ricca e stimolante, dove ci sia più arte e cultura di quanta ce n’è ora, ho bisogno di non vivere giornate tutte uguali, ho bisogno di una città più a misura d’uomo, o magari proprio di un piccolo villaggio, ma perché cazzo dobbiamo vivere per forza in metropoli di cemento? Ho bisogno di spazi aperti, di verde, di musica, di pace. Ho bisogno di fare una passeggiata vera, non di uscire a fare la spesa o qualche commissione. Ho bisogno di camminare senza una meta.
Non lo so, è chiaro che si tratta pure di momenti, di periodi. E prima pensavo negativo, e poi positivo, e poi negativo di nuovo… Alla fine mi rendo conto che questo alternarsi di positività e negatività è, semplicemente, la vita. Qualcuno ha detto “la vita è quel che ti succede mentre pensi a cosa fare nella vita”. È una frase dura, non so chi l’ha pronunciata, ma probabilmente aveva ragione.
In ogni caso è anche una questione di prospettiva. La vita ha un suo fluire indipendente dai nostri stati d’animo del momento. Se potessimo astrarci dalla ridotta visuale individuale, come una sorta di divinità superiore, ci renderemmo conto di come la nostra visione sia limitata dalla circostanza presente. Già, in realtà il nostro umore è dettato dal sentire dell’occasione. Possiamo essere negativi o positivi, a seconda di quel che proviamo in un periodo, e magari giudichiamo l’intera esistenza in base a questo. Ma la vita in sé è superiore all’individuo, ha un suo equilibrio, diverso dal nostro.
È sempre lo stesso problema, tendiamo a considerarci il centro del mondo; perlomeno del nostro mondo, ma non siamo il centro nemmeno di quello. Moglie, figli, hanno una loro vita, legata a noi, certo, ma hanno una loro esistenza che noi, volenti o nolenti, possiamo influenzare solo in parte. Il mondo di fuori ci ricorda continuamente la sua ingombrante presenza: eventi, imprevisti, incontri, scontri, piccole cose quotidiane e grandi cose collettive influenzano e cambiano la nostra vita continuamente; il nostro controllo è minimo, ci illudiamo di controllare tutto, di guidare tutto, ma è solo autosuggestione.
Dove voglio arrivare con questo discorso? Da nessuna parte. Sono solo riflessioni ad alta voce, che mi escono da dentro e devo buttare giù sennò impazzisco. A volte guardo vecchie foto, o ripenso al passato e mi chiedo, cazzo ma come è possibile che la vita ti sembrava bella e ricca, e ti pareva di avere tutto il tempo del mondo per fare qualsiasi cosa, avevi mille desideri ed eri fiducioso di riuscire a realizzarli. Sì ok ok eri magari ingenuo, più piccolo, va bene, quello che vi pare. Però porca puttana, ma oggi che vita facciamo? Ma è possibile che abbiamo strumenti ipertecnologici che fanno tremila cose in più che in passato… e non abbiamo mai tempo? Cose fantastiche che dovrebbero migliorare, semplificare, rendere più facile la vita… e allora perché cazzo stiamo sempre di corsa e stressati e non riusciamo a staccare da tutto e a fermarci per goderci qualcosa che ci piace? Ma sono io sbagliato, oppure avete anche voi l’impressione che qualcuno ci stia prendendo per il culo?
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